Scateni. Calciomania, si riparte


Articolo pubblicato il: 19/08/2017 14:55:55

Sia chiaro, non ci sono sufficienti lacrime e l’anima si strugge di nostalgia, i media che ogni dì campano floridamente di calcio espongono le bandiere a lutto: come vivere senza il quarantenne Totti, la sua classe, il suo carisma, la sua romanesca identità? Buoni: giornali in cartaceo, radio e tv pubbliche e private, pagine sportive di quotidiani generalisti, non dimenticheranno l’eroe del cupolone. La sua faccia dal sorriso sornione, il pollice in bocca, a mimare la nascita del “bambino-gol”, le sue barzellette saranno oggetto di ritratti, biografie, revival di immagini, interviste. Contribuirà tenere viva la visibilità del personaggio la signora Ilary a cui di deve in una certa misura la costruzione del Totti mito italiano. Accantonato il caso Totti (disposti ad attirarci gli insulti di partecipa 24h/24 al circo mafico del calcio scritto, parlato e filmato) ecco qualche punto fermo sul precampionato e l’esordio della serie A. Un bel gioco dura poco ammonisce un noto detto, ma non vale per l’orgia di notizie (vere o false che fa?) e indiscrezioni sul capitolo infestante della “compravendita” di uomini (i calciatori non lo sono forse?), su scambi e baratti a suon di milioni, clausole rescissorie, prestiti onerosi con o senza diritto al riscatto. Con una forte scossa tellurica per le coronarie, il cosiddetto mercato racconta di giocatori mercenari che cambiano maglia e sempre più numerosi casi emigrano, allettati da ingaggi stratosferici di emiri, russi e cinesi miliardari. Il calcio europeo è da tempo primatista di contratti da mille e una notte, da cinquanta e duecento milioni di euro. Giorno dopo giorno, specialmente gli uomini mercato di Sky hanno saturato gli spazi dell’informazione sportiva con raffiche di notizie, interviste, aggiornamenti minuto per minuto dei suoi cacciatori di scoop su mister Balotelli e le sue bizze, il ritiro (non spirituale) delle squadre, i responsi della palla di vetro su scudetto e retrocessioni, coppa Italia, champions league, l’inedito della moviola in campo per stabilire con verdetto inoppugnabile sulla validità o meno di un gol, del pallone dentro o fuori la linea di porta. Dopo l’astinenza estiva, ultrà, giornalisti al seguito e affini sono in fibrillazione. Per altre ragioni le mogli dei tifosi da stadio, che alla domenica canticchiano con Rita Pavone “Perché, perché, la domenica mi lasci sempre sola…”, maledicono il perverso intreccio di campionati, coppe, nazionali, i corollari di tennis spettacolare, ciclismo, motociclismo, formula1, basket e pallavolo, snooker che monopolizza il 32 pollici del televisore di casa, a scapito di film, fiction trasmissioni gossip predilette di mogli e suocere. Il campanilismo dei calciofili, già dagli anticipi di serie A di questo agosto bollente dibatte sui temi “appassionanti”: sarà il settimo anno tricolore della Juve, per il Napoli in fotocopia della scorsa stagione è tempo di terzo scudetto, Milan, Inter e Roma in mani straniere danarose staranno solo a guardare? Il campanilismo ancora ha senso se il calcio è merce d’acquisto di padroni cinesi, russi, arabi e nelle squadre italiane (specialmente nelle big) indossano la maglia di Juve, Napoli e compagnia bella africani, inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi, albanesi? Riflessione logica, ma il tifo ne fa parte? Evidente, no e questa sera sbaverà per Juve-Cagliari e Verona-Napoli.

Luciano Scateni