SCATENI. Trump-May, non è vero che uno schiaffo per uno non fa male a nessuno


Articolo pubblicato il: 14/12/2017 16:10:43

E nun ce vò stà: detto in romanesco racconta l’atteggiamento dello sconfitto alle elezioni del senatore dell’Alabama, feudo di Trump. Più che uno schiaffo è un ceffone sul faccione color arancio del presidente Usa. Il democratico Doug Jones ha battuto Roy Moore, candidato repubblicano a senatore, tra l’altro accusato di molestie sessuali su bambine, di omofobia e xenofobia. La sua sconfitta ha l’effetto collaterale di mettere in forse l’approvazione di leggi importanti sull’emigrazione e il piano per le infrastrutture. Ora i repubblicani hanno solo due senatori in più, troppo pochi per garantire la maggioranza. Moore fa le bizze, non ci sta a perdere e chiede di ricontare i voti. Ivanka Trump sullo sconfitto (un altro schiaffo per il presidente): “C’è un posto speciale all’inferno per chi abusa dei bambini”. Vuoi vedere che l’America si sveglia?

A proposito di schiaffi, Theresa May, premier inglese alle prese con la Brexit, che costerà ai connazionali 40 miliardi di sterline, ha la guancia rossa per averne preso uno dalla camera dei deputati. Il suo governo è stato battuto su un importante emendamento alla European Union Bill presentato da deputati conservatori “ribelli” con la complicità di dei laburisti. Vuoi vedere che la Gran Bretagna si sveglia?

Sono sempre più evidenti i rischi di aver tollerato a lungo il mancato rispetto della Costituzione, che vieta l’apologia del fascismo. La destra estrema è uscita dai confini in cui l’aveva relegata la legge contro la ricostituzione del regime, la destra moderata (e non) ha strizzato l’occhio ai gruppi di neofascisti. Ultimo caso è la grave esternazione di Berlusconi: “Mussolini forse non era proprio un dittatore”.

Ci provava: sventato il tentativo del Do.ra di Sumirago di riproporre la sciagura del Ventennio. Cinque componenti del “Dodici Raggi”, in possesso di armi e coltelli, indagati dalla procura di Busto Arsizio. Alessandro Limido, ex giocatore della Juventus, capo del movimento eversivo: “Noi seguiamo il percorso che in Italia, per non parlare di Hitler, il fascismo ha tracciato per noi. L’unico modo per dare riscatto alla patria è impugnando le armi, su questo non c’è nessun tipo di alternativa”.

Roma, sommersa dai rifiuti, accoglie il turismo natalizio con uno striminzito albero di Natale, di serie B se confrontato con quelli sontuosi delle grandi capitali del mondo. Poco male se la modestia fosse dettata dalla voglia di risparmio della Raggi. A sbirciare nei conti del Comune di scopre invece che è costato la bella cifra di cinquantamila euro, tripla rispetto all’anno precedente. Non è da dire che la somma comprenda l’acquisto, perché lo “Spelacchio”, così sbeffeggiato dai romani, è un abete rosso donato alla città dalla Val di Fiemme. I social: “E’ un non albero, degno della non sindaca”.

La laicità dei 5Stelle traballa. L’omelia dal pulpito pre elettorale Di Maio e compagni si scaglia contro il lavoro domenicale degli esercizi commerciali. Neppure la Chiesa azzarda tanto ostracismo. Ma poi che fare? Estendere il divieto a pasticcerie, edicole, ospedali, vigili del fuoco, lavoratori del trasporto pubblico, aeroporti e porti, badanti full time, atleti, addetti a servizi essenziali (acqua, luce, gas), eccetera, eccetera? In verità, lavorare nei giorni festivi è anche una libera scelta, che salvo illeciti, è retribuita con maggiorazioni. Insomma, l’exploit dei pentastellati è una furbata per incasellare voti di chi preferirebbe domeniche in pantofole, divano e Tv. Ma poi, rinunciare a nove miliardi di euro, quanti frutta il lavoro nei giorni di festa?

Promessa da marinaio, quella di Prodi. Mai più in politica la risposta a chi lo sollecitava a riscendere in campo, ma…ma alla vigilia della nuova tornata elettorale rispunta l’Ulivo nel logo di un’ennesima variante del centrosinistra, generata proprio da Prodi e battezzata “Insieme”.

Non è questione di competenze specifiche sulle vicende dello scacchiere internazionale, basta un po’ di logica. Come spiegare l’incapacità del mondo dei potenti a spazzare via il terrorismo islamico? Basta mettere in colonna lo sporco affarismo di produttori e veditori di armi, la libido di mettere le mani sulle risorse petrolifere contrattando la priorità di sfruttamento con i finanziatori dell’Isis. Fantasie? E’ fresco il caso del cementifico francese Lafarge, impianto di Jalabiya, in Siria, che ha finanziato la nascita del Califfato con 13 milioni di euro per continuare a produrre.

Luciano Scateni