Scateni. Caserta: splendore e declino della grande Juve


Articolo pubblicato il: 14/07/2017 14:50:04

 Per chi non ha confidenza con il mondo della “palla a canestro” nata nel ghetto di Harlem: il basket è lo spettacolare, alternativo sport allo strapotere del calcio. Praticarlo o farne l’appuntamento domenicale con la squadra del cuore da spettatore è una dipendenza appagante che accompagna tutta la vita. Mio zio Mario Germano, fu nazionale azzurro negli anni ’50. Un mito per me e gli altri giovanissimi nipoti che per emulazione, furono sordi al richiamo del football, in favore del basket. L’esordio di marmocchi di dieci anni o giù di lì, nel campo in terra battuta alle spalle dello stadio Collana del Vomero, a Napoli. Tabelloni in legno e cerchi del canestro in ferro, line del campo segnate dal gesso. L’esordio sontuoso dei cestisti in erba, avvenne nella palestra napoletana del Coni, ai “Cavalli di Bronzo”, con una mini esibizione, prologo dello storico incontro Italia-Francia. Poi campionati studenteschi e altro, fino allo sconvolgente arrivo in Italia, da militari, di giocatori americani, portatori del “tiro in sospensione” e di altezze medie oltre il metro e novanta.  Fine dell’idillio? Ovvio, no. Il basket è un virus buono di cui non ti liberi più. L’empatia si è confermata, prima dalle scalee dei palasport, a tifare, poi nel raccontarlo, allorché in Rai la redazione sportiva scoprì il mio tracciato pluridecennale di “baskettaro”. E allora resoconti, radio e telecronache (“Tutto basket”, campionato di A, europei), battiti del cuore per la squadra di Napoli, ma equidistanza professionale erga omnes. L’appassionato percorso, in un mondo proteso a emulare la stratosferica qualità del basket Usa, incontra il fenomeno Caserta e ne discende il peccato di bigamia, la doppia passione divisa con Napoli. Caserta diventa il paradigma del Sud nel protagonismo di realtà territoriali della buona provincia italiana che antepone il basket al calcio. Artefice è un imprenditore del Nord meridionalizzato. Il cavaliere Maggiò non ha dubbi, il traguardo della Juve Caserta è il tricolore, primo scudetto a sud di Roma. L’Italia assiste al miracolo di Castelmorrone, del palasport edificato in cento giorni. In straordinaria progressione la qualità della squadra sale ai massimi livelli e di pari passo l’entusiasmo dei tifosi, dell’intera città, il rispetto di squadre con passato e presente di rango, l’interesse dei media, l’esperienza in competizioni internazionali.  E lo scudetto, evocato da Maggiò, costruito con i tasselli al posto giusto nel mosaico di team vincente? Arriva. Arriva nel tempio milanese del basket, al quarantesimo di una sfida infinita. La racconto in corso di conduzione del Tg regionale, in diretta, con emozione. La festa non è solo di Maggiò, di Tanievic, Marcelletti, Giancarlo Sarti, Oscar, Generali, Dell’Agnello, Shakelford, Donadoni, Boselli, Gluchkov, di quanti hanno preparato il miracolo, di Enzino Esposito e Nando Gentile. Le strade di Caserta sono in festa, i tifosi, la città e idealmente tutto il Sud.

     Consentite un flash di quella finale: è per il capitano coraggioso che regala al basket italiano la seconda generazione dei Gentile. “Rimessa dal fondo, pallone nelle mani di Nando. In palleggio, mentre Milano si chiude a riccio per evitare il crac, avanza fino quasi alla lunetta dei personali. Gli si fa incontro il difensore americano, quasi gli impedisce di proseguire. Gentile mette insieme forza fisica, grinta, aggressività, li combina in un mix di prepotenza atletica e di energia mentale, si alza in sospensione, si libera delle mani dell’avversario che provano a impedirgli il tiro. Il pallone va, traiettoria alta, morbida, non tocca eppure il ferro, buca la retina, canestro, scudetto.

     L’uomo del Nord sé diventato uomo del Sud e non fa nulla per nascondere la commozione. E’ lo scudetto di Maggiò, dei suoi collaboratori, del Palamaggiò, di Peppe e Rosina, contadini di Castelmorrone diventati tifosi della Juve, abbonati fedeli negli anni, spettatori in prima fila per meglio incitare i loro beniamini.

Squilla il cellulare. Da Gianluca Pota la notizia che la Juve Caserta è esclusa dal campionato per inadempienze. E’ la fine di un sogno, a distanza di molti anni dalla scomparsa di Maggiò.  Per favore, direbbe se fosse in vita, fate sognare di nuovo Caserta, il Sud, il basket. Se non con un nuovo Maggiò con molti Maggiò che con appropriati e volontà, restituiscano all’Italia sportiva il gioiello che è stato la Juve. 

Luciano Scateni