SCATENI. Italia: per i play off, quasi ci siamo, grazie allo stentato uno a zero su Israele


Articolo pubblicato il: 06/09/2017 09:18:31

Forse è colpa dell’amarezza, forse della velleità di amante del bel calcio, forse della matita blu che ha sottolineato la mediocrità del primo tempo, forse la condivisione dei fischi agli azzurri del Città del Tricolore di Reggio Emilia: è stata netta la convinzione al minuto 45 di Italia-Israele di avere assistito a un match di metà classifica della nostra serie B. Azzurri irriconoscibili, ancora sotto choc per l’umiliazione subita a Madrid. Messi male in campo, lenti, prevedibili, senza uno straccio di idea su come neutralizzare la barricata progettata dal tecnico israeliano con la difesa a cinque e i centrocampisti in versione iper prudenziale. Il marchingegno, funzionato alla perfezione, ha ricordato i giorni delle vacche madre del Napoli di Sarri alle prese con squadre di fondo classifica arroccate nella loro metà campo.
 
L’incredibile paradosso è nel rapporto pericolosità Italia-Israele, a tutto vantaggio della nazionale reduce da tre sconfitte di fila. L’Italia di Ventura, senza personalità, nerbo, “cattiveria”, ha sostanzialmente fallito il test di qualità richiesto a chi disputerà gli europei con intenzioni velleitarie. La bastonata dalla Spagna e questa faticosa vittoria con il minimo scarto su un’avversaria di modestissimo livello, denunciano limiti tecnici, atletici e mentali incompatibili con il calcio da podio.
 
Ancora imperfezioni di Ventura. Perché Zappacosta non dal primo minuto? Perché ostinatamente fedele al modulo quattro, due, quattro e perché De Rossi-Verratti sulla stessa linea, a scambiarsi palloni su palloni per improduttive linee laterali, perché Belotti e Immobile in un fazzoletto di campo, statici, vittime di facile raddoppio dei loro angeli custodi. Israele non ha faticato più di tanto a contenere il niente offensivo dell’Italia, inevitabile l’esito del primo tempo a reti inviolate.
 
Non potendo cambiare volto a una squadra senza personalità, si può immaginare che il nostro commissario tecnico negli spogliatoi abbia urlato, imprecato, invocato il ricorso all’amor proprio di professionisti del calcio degli undici azzurri.
 
Alla ripresa un’Italia appena decente ha velocizzato il gioco, con qualche incursione sulla fascia destra di Candreva in tandem con uno strepitoso Zappacosta, purtroppo emigrato calcisticamente in Gran Bretagna. La frustata ha dato i suoi frutti dopo appena otto minuiti: dalla solita incursione sulla destra, protagonisti Candreva e Zappacosta, un cross da manuale ha trovato la testa di Immobile volare alta sull’intero pacchetto difensivo degli israeliani. Pallone alle spalle di Harush, ottavo minuto, uno a zero per l’Italia. Altro? Poco e non da raccontare. Avversari in debito di energie per quanto fatto nel primo tempo, niente di nuovo su fronte italiano, un paio di brividi per altrettanti contropiedi di Shecter e del subentrato Ben Haim. Incredibile, ma vero. Gli azzurri hanno scelto di proteggere lo striminzito vantaggio, di scongiurare il pericolo di esclusione dagli europei e nel finale hanno organizzato la classica “melina” per arrivare al quarantesimo senza danni. Poco altro a dire. Qualcosa sui livelli di tenerezza scaturiti dall’ascolto dell’inno isrealiano e il suo ritmo da ballo del mattone, in pratica una ninna nanna per bimbi insonni.
 
Un ultima domanda per Ventura: è serio mandare in campo due signori giocatori (Bernardeschi e Montolivo) a quattro e due minuti dal fischio finale del francese messieur Bastien: cancelli il 4-2-4 dal manuale del bravo allenatore. Non ha funzionato con la grande Spagna, e neppure con la modestia di Israele.
 
Luciano Scateni