SCATENI/L’ingiustizia mondiale


Articolo pubblicato il: 13/10/2016 11:55:51

Materia ostica la statistica, territorio per specialisti che irridono alle affermazioni di popolo del tipo “Gli italiani, in media, mangiano  dieci polli a testa” e mascherano la realtà, perché c’è chi ne mangia cento e chi nessuno. La scienza degli analisti di fenomeni dell’umanità è al contrario esatta e si avvale di specialisti che hanno accesso a fonti dirette. In gioco c’è la tragedia delle povertà estreme e l’assurdo di ricchezze smisurate. Il primo impressionante dato dice che le ricchezze del pianeta sono così ingiustamente distribuite: la metà nelle tasche di 62 iper ricchi (proprio così, 62 e nel 2020 si prevede che saranno solo 11). Poco meno di un miliardo di essere umani vivono invece in povertà estrema e l’obiettivo che si sono poste le Nazioni Unite, di azzerarla entro il 2030, si rivela un miraggio impossibile. Ma chi sono i ricchissimi della Terra? Alcuni sono noti, altri si nascondono  accuratamente nel sommerso. Qualche parametro può raccontare di chi si tratta. Ai nababbi  sono riservate le suite più lussuose degli alberghi più cari (primo è l’EMIRATES PALACE di Abu Dhabi: 349 tra camere e suite, 40 sale riunioni, spiaggia di sabbia bianca privata, piscine  e fontane, lussuoso centro benessere. E’ stato costruito con marmo di 14 paesi diversi, all’interno la luce è assicurata da oltre mille lampadari in cristallo. Il costo? Se lo possono permettere re Mida come Bill Gate, Murdock, giganti del gotha cinese, dell’informatica, petrolieri. I loro tuffi sono ospitati dalle più belle piscine del mondo (la prima è dell’Hotel Caruso di Ravello), i loro regali alle donne della vita o a compagne occasionali, arricchiscono nomi famosi della gioielleria mondiale (per una spilla di Cartier la quotazione di 17 milioni di dollari e si compone di tre grandi pietre, un diamante di 34 carati, una gemma di 23 carati e una più “piccola” di circa sette carati. E mangiare? Per i super ricchi la scelta può ricadere sui ristorante più lussuosi della Terra. E' solo per i palati più esigenti e per le tasche più piene di dollari l'elenco dei dodici pasti più cari al mondo, fornito da Forbes. Un elenco che stupisce non solo per la varietà e la qualità dei menu proposti, ma lascia basiti per le suggestioni che vengono evocate durante il servizio, con piatti “emozionali”, accompagnati da proiezioni di immagini, luci e suoni ideati per ogni singola portata: pranzo o una cena da ''una volta nella vita'', ma indimenticabile per qualità del cibo, suggestione della location e esclusività degli chef stellati. Indimenticabile è anche (e forse soprattutto) il prezzo. Si va dai 1850 dollari a testa del Subliomotion di Ibiza, fino ai 306 dollari dello Chef table di New York. Naturalmente bevande, tasse e mance escluse. Ai riccastri non può mancare la “barca”. Ci sono yacht, ma sarebbe più vero chiamarle navi, che arrivano a costare miliardi di dollari e che solo sceicchi, principi, sultani, e magnati russi possono permettersi. Numero uno è l’ History Supreme, costo 4 miliardi e ottocento milioni di dollari. Proprietario è un uomo d’affari malese (nome segreto). E’ stato costruito con materiali rari (anche meteoriti, ossa di dinosauro, metalli preziosi, 100.000 chili di platino e oro, pietre preziose per decorare il ponte, la zona pranzo e perfino l’ancora). Si potrebbe continuare all’infinito e citare gli edifici più costosi del mondo, i viaggi aerei di  compagnie che offrono suite, cameriera personali, maggiordomo, chef stellati, scovare i proprietari di castelli storici, di scuderie di purosangue, di pinacoteche private multimilionarie. Ognuno di questi capitoli dell’opulenza dei pochi suona come un insulto per chi muore di fame, di stenti, di mali non curati, di abbandono, di tragica marginalità. In contrapposizione, per stare all’attualità, il clownesco Trump e la casta di privilegiati che vorrebbe rappresentare alla guida degli Stati Uniti: petrolieri, fabbricanti di armi, multinazionali del farmaco, monopoli dell’informatica, arricchiti dei paradisi fiscali.
Luciano Scateni