SCATENI. Morire di mancata sanità. Lettera aperta al neo ministro della salute Giulia Grillo


Articolo pubblicato il: 10/06/2018 12:46:14

Gentile pentastellata, ci impressiona il silenzio assordante che ha caratterizzato i suoi primi giorni vissuti in un ruolo di importanza estrema, perché responsabile della salute di quelli che voi grillini chiamate “cittadini”, senza precisare che milioni di italiani sono cittadini di serie B, in povertà o in insopportabili ristrettezze. Ci sfugge la sua autorevole opinione sul dramma di sette milioni di connazionali costretti a contrarre debiti per curarsi. Spaventa la consapevolezza che troppi “cittadini” hanno smesso di curarsi, impossibilitati ad acquistare farmaci e a sottoporsi ad esami diagnostici. Ci dica cosa ha in mente, possibilmente presto, perché sembra che il governo presieduto da Conte abbia la tendenza a posticipare anche di anni, quanto ha promesso in campagna elettorale. A lei, medico, non manca la consapevolezza che per molti “cittadini” non curarsi equivale a un lento suicidio. Rifletta, se può, sul costo sociale delle cure mancate, si faccia aiutare da un diplomato in ragioneria e saprà che la mancata tutela della salute si paga a caro prezzo, in costi di ricoveri e interventi chirurgici. Si informi. Milioni di “cittadini” per far fronte alle spese mediche hanno dovuto vendere casa, esaurire i risparmi. Sappia, “cittadina” populista, che del fenomeno sono pronte a profittare le big del mondo assicurativo, a cui ricorreranno sempre di più i “cittadini”, se non sarà loro riconosciuto il diritto alla salute della sanità pubblica. Grazie per l’attenzione, che da “cittadina” populista vorrà trasformare con tempi brevi in operatività.

Basta davvero poco per tornare indietro di secoli, quando la cristianità armata ed espansiva esportò il cattolicesimo. Fu l’epoca segnata dalle crociate, mai interrotta anche se in forme non cruente, cioè sostituite da inviati missionari investiti dalla Chiesa del compito di convertire gli “infedeli”. Il terzo millennio propone il tema a parti invertite. L’islamismo, in virtù della globalizzazione etnica, espande il suo credo nei luoghi del mondo dove è più ponderosa la migrazione. Se ne appropria l’Isis, la mano violenta, sanguinaria del Califfato, per obiettivi ibridi: vendetta e autofinanziamento di bande paramilitari.

In questo scenario l’ostracismo che combatte la religione altra, dell’Islam e i suoi luoghi di culto, è la via più diretta per alimentare l’odio reciproco e contraddire il principio universale di tolleranza per razze e religioni, prevista esplicitamente anche dalla nostra Costituzione.

Succede che il governo austriaco con barra a destra, chiuda sette moschee ed espella una quarantina di Imam, sacerdoti del rito islamico (Unione turco-islamica per la collaborazione culturale e sociale) . Non è il solo esempio di intolleranza. Dalle nostre parti il razzista e xenofobo Salvini, assecondato da suoi accoliti, impedisce, quando può, l’apertura di mosche e prova a dimostrare che chi le frequenta è un potenziale terrorista.

Si ignora così che ogni atto di ostilità e di chiusura al dialogo è destinato ad alimentare conflitti religiosi con conseguenze tragiche e ancora non esplose completamente. Stupisce che a contestare l’Austria sia, per il momento, il turco Erdogan. E’ lui che avverte del pericolo di guerre di religione tra Crociati e Mezzaluna, mentre si comporta allo stesso modo con oppositori politici e di altre religioni. E’ furori discussione l’obbligo di vigilare perché le moschee non siano luoghi di arruolamento dell’Isis. E’ un compito delle forze dell’ordine, esattamente come ogni altro dispositivo di vigilanza antiterrorismo, ma impedire ai musulmani di celebrare il loro culto è un pericolo che paventa tragiche conseguenze.

Salvini (Il fatto quotidiano): “Credo nella libertà di culto, non nell'estremismo religioso. Chi usa la propria fede per mettere a rischio la sicurezza di un Paese va allontanato. Spero già la prossima settimana di incontrare il collega ministro austriaco per confrontarci su linee d’azione”

Ma chi crede che lui creda nella libertà di culto?

Luciano Scateni