SCATENI/Piduista? Mafioso? Che male c'è


Articolo pubblicato il: 09/10/2017 15:24:57

Piduista? Mafioso? Che male c’è.

Era il tempo del piduismo, delle trame oscure tessute da Gelli, dei rischi per la democrazia, di uomini delle istituzioni lesti nell’aderire a una setta massonica che intrecciava politica, economia, interessi personali e di casta. Si precipitarono a iscriversi influenti uomini di partito, vertici militari, big dell’imprenditoria, giornalisti. L’immenso Enzo Biagi, qualche tempo dopo lo svelamento di tenebrosi retroscena della P2, condusse una trasmissione “contro”. Tra gli invitati anche un deputato democristiano. Biagi gli contestò l’appartenenza alla loggia massonica e perché non vi fossero dubbi mostrò il numero della tessera d’iscrizione e si sarebbe aspettato una reazione rabbiosa, una qualche forma di smentita. Non una parola invece e un’aria di compiacimento del piduista. Ci chiedemmo il perché e qualcuno tra noi, più intuitivo, spiegò paziente che quel deputato era più che soddisfatto perché Biagi lo aveva accreditato ufficialmente come piduista tra chi alla setta aveva deciso di appartenere o ne condivideva gli obiettivi per trarne vantaggi di ogni genere.

Un grande della comicità pungente ha ripreso il tema nel film esilarante “Cettolaqualunque”. In una delle scene improntate a satira feroce, Antonio Albanese, dal palco del suo delirante comizio elettorale si vanta di essere il peggio che può essere attribuito a un politico onesto. Suscita applausi e gridolini di euforia da condivisione degli astanti.

La Sicilia è prossima al voto. Comizi, alleanze, fusioni e spaccature, caos. Nel marasma si fa notare la spavalda chiarezza d’intenti di alcuni candidati in odore di contiguità con la nuova mafia, quella che non spara e non fa esplodere il tritolo per liberarsi di antagonisti, quella che profitta della permeabilità del sistema Italia per entrare silenziosamente nei gangli dell’economia.

In Sicilia i signori di Forza Italia e associati scommettono sul candidato Musumeci. Tra i suoi supporter anche tale Riccardo Pellegrino, emblema dei candidati cosiddetti “impresentabili” alle regionali del prossimo 5 novembre, che tre anni fa si presentò nella redazione di ‘livesicilia.it’ con il figlio del boss Nuccio Mazzei. Intercettato per ordine della magistratura, Pellegrino disse di essere orgoglioso di vivere ne quartiere San Cristofaro di Catania e si lamentò perché infestato da micro criminalità per colpa della mancanza di uomini “di spessore, mafiosi” che farebbero piazza pulita “di questo manicomio”.

“La mafia? E di che parlate?” La contestazione è degli entusiasti tifosi del candidato Pellegrino, sostenitore sfegatato di Musumeci, candidato di Forza Italia per il governo della Sicilia. “Mafia?” urla Pellegrino che dal palco s’infiamma, mentre dalla piazza sale il coro ‘chi non salta comunista è: “Roba da giornalisti ciarlatani, finti magistrati che emettono sentenze a loro piacimento”. Tra i suoi fan c’è memoria corta e nessuno ricorda che il fratello Gaetano, conosciuto come “u funciutu”, è imputato per associazione mafiosa e condannato per estorsione. Lui stesso fu indagato per voto di scambio e la relazione della commissione antimafia fu presieduta da Musumeci che ora si avvale del suo appoggio elettorale.

                                                  In poche parole      

Radio Rock 106.6 interroga, Verdini risponde. “Favorevole o contrario allo ius soli?” Denis Verdini, transfuga da Forza Italia, fondatore di Ala, frequentatore coatto di aule del tribunale, è favorevole ed esterna così: “D’accordo è una legge complicata e spiegata male ma è un atto di civiltà”. Dunque, i promotori della legge possono contare su un alleato, come definirlo, insolito, che punta come un treno ad alta velocità a un’alleanza con il Pd, per rientrare in gioco.

Luciano Scateni