SCATENI. Dopo referendum fuori dal coro


Articolo pubblicato il: 06/12/2016 14:42:42

Sorpresa? Nessuna. Il pronostico del post referendum era alla portata di chi ha sufficiente sale nella zucca e il percorso imboccato dall’insieme della politica dà ragione a chi ha ipotizzato giorni, settimane e forse mesi di caotica confusione. Difatti è marasma totale. Le agenzie di rating che tastano il polso dell’economia mondiale, Italia inclusa, sono per il momento prudenti ma sospettano che nel tempo a venire l’esito del referendum potrebbe influire negativamente su crescita e mercato del lavoro, secondo le loro analisi collegati alle riforme del governo Renzi, in stand by per l’incertezza generata dalle dimissioni del premier. Il rischio sarebbe legato all’alt degli effetti positivi di riforme come il job act, il piano industria 4.0 e quella della competitività, a un eventuale no alla legge di bilancio, temuto dalla Comunità Europea perché avrebbe conseguenze sull’economia e non solo degli italiani.  Se sia una valutazione obiettiva o una forzatura dei poteri forti finanziari è solo nella sfera magica maghi e stregoni. Non solo. Un Renzi deluso fino alla lacrime per il trionfo del NO, sembrava pensare a un suo domani senza lo stress, gli onori e gli oneri della politica: tutto vero? Forse no. Sollevando il piano  dell’ottimismo con la leva del 40% di SI, se omologati al consenso degli italiani per il suo Governo, Renzi proclama un sorprendente “Al voto, al voto subito” e lo sostanzia con il conforto di un summit del Pd, folto di suoi fedelissimi, Maria Elena Boschi ovviamente inclusa. Follia? Certo, i 13 milioni di SI politicamente non sono affatto omogenei e quasi certamente includono soggetti favorevoli ai quesiti della riforma  ma con motivazioni autonome e di appartenenze ad aree politiche lontane dal renzismo.  In casa Pd continua la danza lugubre delle contrapposizioni cruente e dal Nazareno parte un no categorico all’ipotesi di elezioni immediate.  Altri tifosi del “subito al voto” sono i grillo-men, il comico in testa e anche loro assimilano impropriamente il 60% di NO a un’Italia  pentastellata, alla sconcertante candidatura del signor nessuno Di Maio per la presidenza del consiglio.  La pallina della roulette gira vorticosamente e prova a fermarsi in  una delle caselle dove sono in attesa i nomi di possibili successori di Renzi: Padoan, Franceschini, Calenda, Speranza o addirittura Bersani, D’Alema, reduci da fallimenti istituzionali (bicamerale, governo). C’è anche un’autocandidatura alla segreteria del Pd e la propone Emiliano, presidente della giunta regionale pugliese. A che titolo? “Sono quattro anni che ci provo!”. Confusione? Eh no, vero caos. Un contributo sostanzioso arriva dalla sponda del centrodestra. Berlusconi, quello del “in Italia l’unico leader  è Renzi”, avanza l’ipotesi di tornare in campo per logorare il Pd. Trasgredirebbe  la terapia di riposo cautelare dei cardiologi. Salvini punta alla primarie in Gennaio per mettere fine alla lotta ingaggiata con l’ex cavaliere, posta in palio la leadership  della strana coalizione. In nome della pura incoerenza il vertice di 5 Stelle ripudia l’ostracismo all’Italicum e supponendo che il successo del No sia quasi merito esclusivo del grillismo spinge per andare alle urne con urgenza. La legge elettorale in corso, vituperata  fino alla vigilia del referendum è improvvisamente buona per votare, senza neppure discutere le modifiche promesse da Renzi.  La saggezza di Mattarella spegne i bollenti spiriti e suggerisce autorevolmente di posporre ogni decisione all’approvazione del bilancio. Per non farsi mancare nulla l’esito del referendum si colora di euforia da ultra degli scampati. Esultano i senatori, tenacemente interessati ai privilegi pecuniari messi in discussione dai quesiti referendari, festeggiano a champagne i nullafacenti del Cnel destinato dal SI all’eclissi totale, si associa alla festa  il meglio del Parlamento, nelle persone folcloristiche di Razzi e Calderoli. Le ceneri dei SI vanno spegnendosi e si accende un altro focolaio di perplessità sul futuro: a guardarsi intorno non c’è ombra di leader su cui puntare nel tentativo di mettere tutti d’accordo e progettare una plancia di comando all’altezza del futuro.

Luciano Scateni