SCATENI. Impervia la 'Via della seta'


Articolo pubblicato il: 29/03/2019 20:17:01

Le “x” e le “y” nell’equazione ‘Via della seta’: sarebbero di facile risoluzione senza l’interferenza della partitocrazia. Il “quibus” della trattativa, condotta dal governo gialloverde con il leader maximus dell’impero cinese, non ha una chiave di lettura univoca. Si sdoppia in osanna o denigrazione se indagato, analizzato, osservato al microscopio dai rispettivi interessi elettorali della destra e della sinistra. Per inquadrare il tema, nella sua dimensione internazionale, o meglio, mondiale, il nucleo è fuori di dubbio la competizione a colpi di sciabolate propagandistiche che si scambiano Stati Uniti e Cina, concorrenti nella disputa sul reciproco gigantismo.

Chi ritiene casuale la scelta di fissare il primo step del tour europeo di Xi Jinping in Italia, dimentica, o sottovaluta, la dipendenza economica e politica dell’Italia dagli Stati Uniti. Ebbe origine nel disastroso dopoguerra del nostro Paese su cui Washington mise un’indelebile ipoteca sovranista, perpetuata nel tempo, con ingenti aiuti finanziari. Il raid europeo dei vertici cinesi, di là dalle chiacchiere propagandistiche di Di Maio, va inteso come una mossa astuta per scardinare la storica ‘fratellanza’ tra vecchio e nuovo continente. Elemento sussidiario della prima tappa italiana di Xi Jinping è la consapevolezza dei 5Stelle di sfiorare l’ingresso nel viale del tramonto. Di qui l’idea di allontanarsene enfatizzando il colpo di scena della stretta di mano finale a sancire il successo degli accordi stipulati. E’ ben altro la sostanza del rendez vous Italia-Cina, abilmente celata dai media sottomessi al governo gialloverde. Traslato in risultati calcistici, la sproporzione dei vantaggi tra ‘noi’ e ‘loro’ è nell’ottanta percento a favore del gigante asiatico e nel venti percento pro Bel Paese . Nel suo corsivo quotidiano Michele Serra, acuto osservatore di quanto accade non solo in Italia, si chiede e chiede ai censori dell’accoglienza acritica riservata dai 5Stelle al leader cinese, il perché di due pesi e due misure. Ovvero perché contestare Di Maio e non Macron, protagonista del secondo incontro europeo con la ‘Via della seta’. Sono due le ragioni della differente valutazione. L’Italia, in passato, ma tuttora, non pone vincoli alle multinazionali che, anche grazie a forti agevolazioni fiscali e finanziamenti a fondo perduto, intraprendono iniziative industriali o commerciali nel nostro Paese e senza alcuna penale smantellano tutto, solo perché fa loro comodo. In Francia le imprese straniere, che trasferiscono le loro attività in quel Paese sono obbligate a restarvi per almeno vent’anni, pena pesanti sanzioni. Un secondo motivo di disparità è ben rappresentato dalle cifre dei contratti stipulati da Macron e dal nostro governo. La Cina s’impegna a importare prodotti francesi per 30 miliardi e quelli italiani solo per sette miliardi. Un’ultima ragione per preoccuparci dell’accordo con la delegazione di Xi Jinping è l’atteggiamento di Trump, indispettito dai contratti della ‘Via della seta’. Il rancore potrebbe mutare in vendetta, nell’imposizione di tassi insostenibili sull’importazione di prodotti italiani.

L’opportunismo di Salvini è quasi pari al suo copia-incolla di piglio ducesco. D’istinto, ha supposto di guadagnare fan con il no alla cittadinanza italiana per Rami e Adam, i due coraggiosi ragazzi che hanno salvato la vita di 50 coetanei, nati nel nostro Paese, oramai italianissimi. Chissà, spinto dalla constatazione di avere contro l’opinione pubblica, o consigliato dalla sua nuova donna, la figlia del Parlamentare super corrotto Verdini, il ministro dell’Interno ha eseguito un perfetto dietro front. “Sì alla cittadinanza” e per esagerare, come sempre, “Rami è come un figlio per me”. Puro funambulismo pre elettorale.